L’intervento di chirurgia della cataratta consiste nella asportazione della stessa ed è senza dubbio uno dei più diffusi al mondo; nel corso della storia si sono susseguite numerose tecniche chirurgiche. Oggi quella più sicura e che garantisce i migliori risultati rispetto alle altre è la Facoemulsificazione.
Il termine difficile “Facoemulsificazione”, rappresenta semplicemente una tecnica di aspirazione del contenuto del cristallino tramite l’ uso degli ultrasuoni. In pratica si effettua una piccola incisione attraverso la quale si entra con una cannula che vibra. Le vibrazioni (ultrasuoni) frantumano il contenuto del cristallino che viene agevolmente aspirato. L’ inserimento del cristallino artificiale viene effettuato all’ interno del sacco del vecchio cristallino, così da riportare l’ anatomia dell’ occhio alla sua primitiva struttura.
Quest’ultima metodica presenta per il paziente l’indubbio vantaggio di un più veloce recupero visivo. Infatti già dopo qualche giorno la visione è abbastanza nitida così da consentire un’autonomia nei movimenti. A differenza delle tecniche precedenti la facoemulsificazione risulta più agevole se la cataratta non è molto “vecchia”, in quanto è più semplice aspirare il contenuto di un cristallino tenero, e pertanto mentre un tempo si aspettava la “maturazione” della cataratta, oggi al contrario è preferibile operare una cataratta non molto avanzata . L’utilizzo di cristallini artificiali pieghevoli permette di effettuare tutto l’intervento attraverso un’incisione di circa 2.5 mm, e questo riduce ogni rischio di contaminazione della ferita nell’immediato postoperatorio.
Sono disponibili trattamenti medici o farmacologici per guarire, fermare o rallentare il progressivo peggioramento della cataratta. La cataratta totale rende praticamente ciechi ed è necessario intervenire chirurgicamente, sostituendo il cristallino opacizzato con una lente artificiale intra-oculare, posizionata dietro all’iride, secondo la tecnica sviluppata dal noto chirurgo russo Fyodorov. Dal 2012 la tecnica chirurgica tradizionale con bisturi e pinze è stata definitivamente abbandonata, in favore di laser ad eccimeri o femtolaser con successiva facoemulsione ad ultrasuoni. In passato erano stati commercializzati colliri destinati a rallentare il processo di opacizzazione del cristallino (ad esempio colliri a base di pirenossina), ma tali prodotti nel tempo non hanno dimostrato una reale efficacia clinica.
L’intervento di chirurgia della cataratta praticato oggi, definito facoemulsificazione, si svolge nella maggior parte dei casi in anestesia topica, ottenuta instillando gocce di collirio anestetico qualche minuto prima dell’intervento.Talvolta tuttavia è necessaria l’anestesia locale, ottenuta tramite una iniezione di anestetico dietro il bulbo oculare, oppure l’anestesia generale (pazienti non collaboranti, affetti da demenza etc..). L’intervento di cataratta è, come dichiarato dalla SOI (Società Oftalmologica Italiana) un intervento oculistico maggiore, in quanto prevede l’ingresso nel bulbo oculare e l’asportazione di una parte dello stesso (il cristallino). Pertanto è un intervento delicato con una lunga curva di apprendimento da parte del chirurgo oculista. Dopo aver praticato un’apertura circolare nella capsula anteriore del cristallino (l’ampiezza del taglio si è andata progressivamente riducendo negli anni, grazie anche alla produzione di cristallini artificiali pieghevoli, che vengono inseriti nell’occhio con un iniettore), il nucleo del cristallino viene frantumato dal chirurgo mediante una sonda ad ultrasuoni (“facoemulsificatore”), il che ha comportato la riduzione dei tempi d’intervento; tuttavia, quanto più la cataratta è “matura” (ossia più è in fase avanzata), più il nucleo lenticolare diviene duro ed il chirurgo impiega più tempo nel processo di facoemulsificazione. Tale processo è estremamente delicato (il cristallino catarattoso è spesso circa 4 mm e la capsula posteriore che lo sorregge è spessa meno di 10 micron (millesimi di millimetro). L’apertura di tale capsula di protezione può avvenire anche spontaneamente durante l’intervento, che in tali casi viene convertito e ha durata maggiore.
Se poi il cristallino è diventato particolarmente opaco e duro, l’intervento con il metodo sopra descritto di facoemulsificazione può non essere eseguibile: in questi casi, non così rari, la cataratta dovrà essere operata con metodi di estrazione extracapsulare già in uso da molti anni. Tali metodiche non comportano diminuzione della capacità visiva rispetto all’intervento effettuato con facoemulsificazione, ma richiedono un tempo di guarigione più lungo poiché il chirurgo deve effettuare un’apertura dell’occhio più ampia che richiede tempi di cicatrizzazione più elevati (vengono apposti punti di sutura corneali che verranno eventualmente rimossi dopo alcuni mesi).
La capsula del cristallino, completamente svuotata, viene comunque utilizzata per l’inserimento di una lente artificiale che può anche andare a compensare un difetto di vista preesistente (miopia, astigmatismo o ipermetropia); la visione tuttavia è monofocale, pertanto il paziente dovrà comunque portare occhiali per correggere la visione da lontano o da vicino. Da alcuni anni sono state introdotte in commercio lenti intraoculari capaci di correggere la visione sia da lontano sia da vicino. Queste lenti multifocali sono pieghevoli per cui azzerano il rischio di cataratta secondaria, che era dovuto al trauma provocato al tessuto corneale durante l’inserimento di lenti rigide; sono ordinate dallo specialista “su misura” per il paziente in modo tale da evitare l’uso a vita degli occhiali o lenti a contatto dopo l’intervento di cataratta. Le lenti tradizionali costano intorno ai 100 euro e correggono la visione o da vicino o da lontano, per cui al paziente è chiesto prima dell’intervento quale tipo di lente desidera e quale difetto visivo residuo intende lasciare alla correzione oculare. Le lenti IOL costano circa 10 volte di più e non sono attualmente rimborsate dal sistema sanitario nazionale.
L’apertura della cornea è di solito molto piccola (intorno ai 2 millimetri) e spesso non è necessaria l’applicazione di punti di sutura. Questi tuttavia possono essere utilizzati dal Chirurgo Oculista, in alcuni casi particolari o nel caso in cui ne ravveda la necessità (tendenza all’impegno irideo, pazienti non collaboranti, tunnel non a tenuta ecc.). Dopo l’intervento di chirurgia della cataratta è necessaria la protezione del bulbo da traumi, da luce eccessiva e da infezioni e l’instillazione di colliri a base di antibiotici, cortisonici e midriatici.
Nei Paesi anglosassoni, in cui esistono da molti anni le subspecialità (ovvero la netta divisione delle competenze chirurgiche e delle specialità cliniche), la chirurgia della cataratta è considerata subspecialità a sé stante a causa della lunga curva di apprendimento.
La durata dell’intervento di chirurgia della cataratta è variabile: da 10 minuti a circa un’ora. Altre variabili sono: tipo di anestesia, percentuale di ultrasuoni utilizzati, metodiche di dilatazione pupillare, grandezza e posizione dei tagli di accesso nel bulbo oculare, modalità di frammentazione e aspirazione della cataratta, necessità o meno di punti di sutura finali, utilizzo di farmaci al termine dell’intervento per la flogosi, il restringimento pupillare ecc.